martedì 8 ottobre 2013

Una raccomandazione per il Nobel per la pace

Malala Yousafzai è una giovane attivista pakistana, che combatte contro l'oscurantismo talebano e per l'emancipazione delle donne del suo Paese. Recita Wikipedia: «Il 9 ottobre 2012 è stata gravemente ferita alla testa e al collo da uomini armati saliti a bordo del pullman scolastico su cui lei tornava a casa da scuola. Ricoverata nell'ospedale militare di Peshawar, è sopravvissuta all'attentato dopo la rimozione chirurgica dei proiettili. Ihsanullah Ihsan, portavoce dei talebani pakistani, ha rivendicato la responsabilità dell'attentato, sostenendo che la ragazza “è il simbolo degli infedeli e dell'oscenità”; il leader terrorista ha poi minacciato che, qualora sopravvissuta, sarebbe stata nuovamente oggetto di attentati». Degna di ricevere un premio Nobel per la Pace, ma ci deve essere senz'altro qualche candidato vivente più autorevole.
Forse Denis Mukwege, il ginecologo congolese che assiste da 15 anni le donne vittime di stupro ad opera ad opera delle milizie ribelli. La solita Wikipedia elogia l'operato del medico africano, arrivato ad operare migliaia di donne: fino a 10 interventi in una giornata lavorativa di 18 ore. Impegno lodevole e commovente, ma l'Occidente ha bisogno di ben altro per commuoversi e concedere l'ambito riconoscimento: bisogna cercare qualcuno che regga il confronto con il presidente Obama; o, per salire a ritroso, con El Baradai, che ha consentito al regime iraniano di lavorare alla sua bomba atomica, senza subire le fastidiose intromissioni del mondo occidentale; o prima ancora con Jimmy Carter, che presto perderà il poco ambito riconoscimento di peggior presidente democratico statunitense, proprio a vantaggio dell'attuale inquilino della Casa Bianca; o ancora - ci sia consentito l'irriguardoso accostamento - con Yasser Arafat.
Forse Denis Rodman, l'ex cestista americano in buoni rapporti con il dittatore nordcoreano Kim Jong Un, che va non di rado a trovare; ma sono nomi che non scaldano più di tanto le anime buoniste della vecchia e acciaccata Europa.
Così un giornalista del Guardian, che di questa Europa è un vivido baluardo, ha proposto ai lettori: che ne pensate se l'ambito riconoscimento fosse assegnato ad Hassan Rouhani? il neopresidente iraniano, che sta iniziando a far rimpiangere il suo buffo predecessore, apparve infastidito e quasi ringhioso, a maggio, dalle insinuazioni di un incauto giornalista, che sulla TV di stato iraniano ebbe da obiettare sulla sua determinazione a perseguire la bomba atomica degli ayatollah: «abbiamo arrestato il programma nucleare?? siamo quelli che l'hanno completato. Noi abbiamo ultimato la tecnologia!».
Una simile fermezza nel dotare il popolo iraniano - e chi saggiamente lo dirige - di un arsenale nucleare meravigliosamente minaccioso per tutto il mondo (e in particolare per quella "ferita che va mondata", "corpo estraneo da estirpare" dalla cartina geografica che si trova a poca distanza ad occidente di Teheran), non poteva sfuggire agli amorevoli occhi dei lettori di un giornale così all'avanguardia come il Guardian. Il sondaggio non è ancora chiuso, ma non pochi gioirebbero nel vedere preventivamente premiate (non a caso va d'amore e d'accordo con Hussein Obama...) le moderate aspirazioni del successore di Ahmadinejad.
Un unico rammarico: ma proprio nessuno ha pensato di celebrare la brillante presidenza di Assad in Siria? centodieci mila morti non meritano forse un premio, ora che il presidente alawita ha accettato di rinunciare all'arsenale chimico? (e pazienza se nel frattempo qualche convoglio dovesse sbagliare strada, raggiungendo le milizie di Hezbollah in Libano)


Aggiornamento del 9 ottobre, ore 18.50. Prendono il largo le quotazioni di Rohani, acclamato prossimo premio Nobel per la pace a furor di popolo.


1 commento:

  1. Delusione per la mancata assegnazione del premio Nobel per la chimica ad Assad.
    Speranze che a Putin sia perlomeno assegnato il riconoscimento del Nobel per la pace...

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