lunedì 27 maggio 2013

Sanità israeliana, insanità palestinese

Al-Hayat, quotidiano ufficiale dell'Autorità Palestinese, riporta la visita del ministro della sanità di Ramallah presso l'ospedale Hadassah a Gerusalemme, rilevando come il 30% dei pazienti del nosocomio sia palestinese, e sottolineando il programma di formazione e specializzazione a favore di 60 medici e infermieri palestinesi. Ne abbiamo parlato qui qualche settimana fa, e fa piacere che da parte palestinese ci sia l'onestà per riconoscere questo bel gesto.
Purtroppo le belle notizie finiscono qui. Nei pressi di Gaza una donna incinta di 25 anni è stata selvaggiamente picchiata a morte dalla suocera e dai parenti del marito. Anche il bambino di 7 mesi che aveva in grembo è morto. La sua colpa? essere entrata in cucina senza preventivamente accertarsi che la suocera fosse uscita da quella stanza. Immediata la ritorsione: pugni e calci in testa, all'addome e sulla schiena da parte di suocera e cognata, mentre il cognato sferrava violenti colpi con un tubo di ferro (H/t: Elder of Ziyon). Gli aguzzini l'hanno abbandonata sull'uscio di casa, dove è stata raggiunta, priva di vita, da un'ambulanza.
E magari qualcuno troverà il coraggio di addossare ad Israele la responsabilità di questa barbarie.

domenica 26 maggio 2013

Chi non vuol la pace in Medio Oriente?

Incauti organizzatori. Il prossimo 5 giugno è previsto il concerto dei Green Day a Roma. In tutto il mondo si celebra la Giornata dell'ambiente. A Taranto si terrà un'infuocata assemblea presso l'ILVA, mentre Red Canzian suonerà a Brescia. Ma su tutto questo si può sorvolare.
Ciò che per Manlio Di Stefano, pittoresto deputato del partito "Movimento Cinque Stelle" è intollerabile, è che il governo di Gerusalemme abbia organizzato il calcio d'inizio dei Campionati Europei di Calcio Under 21 nello stato ebraico, proprio il 5 giugno 2013: è la ricorrenza della famosa Guerra dei Sei Giorni, che lo stato ebraico combatté contro gli stati di Egitto, Siria e Giordania, che si accingevano a scatenare una massiccia offensiva che avrebbe quasi certamente decretato la scomparsa di Israele. Come si ricorderà, dal 5 al 10 giugno 1967 la reazione difensiva nei confronti dei vicini stati arabi portò sotto il controllo di Israele le Alture del Golan, il Sinai e la Striscia di Gaza; questi ultimi (ri)consegnati rispettivamente ad egiziani e palestinesi, in cambio di un traballante trattato di pace e di una belligeranza pressoché quotidiana. Ma fa sorridere la sorridere per la beata ignoranza l'interrogazione del deputato grillino, che invoca da parte del nostro governo una presa di posizione in concomitanza con un evento che, possiamo immaginare, avrà ribalta mediatica tale da mettere in ombra le assurde rivendicazioni degli antisionisti. Triste rilevare come un partito che goda dei consensi di 1/4 degli italiani, finisca per allinearsi alle posizioni integraliste degli estremisti islamici e del terrorismo. Condivisibile a tal riguardo la denuncia di Rights Reporter.

mercoledì 22 maggio 2013

Come è nato il blocco navale al largo delle coste di Gaza

Un articolo dal titolo "I ritrovamenti di gas naturale nel Mediterraneo orientale possono alterare l'equilibrio strategico", a firma di Yolande Knell e apparso sulle pagine dedicate al Medio Oriente del sito della BBC News il 13 maggio scorso, è complessivamente equilibrato e accurato.
Tuttavia, verso la fine dell'articolo, in cui si discute delle riserve di gas al largo delle coste della Striscia di Gaza, ritroviamo la seguente affermazione: «Da tempo è noto il giacimento marino di Gaza, a sud della linea costiera del bacino del Levante, ad una trentina di chilometri al largo delle coste del territorio palestinese. Nel 1999, l'ANP assegnò i diritti di esplorazione alla British Gas; tuttavia, la guerra fra palestinesi e israeliani ha impedito ulteriori sviluppi del giacimento. La situazione si è complicata quando gli estremisti islamici di Hamas hanno assunto il potere con la forza nel 2007, esautorando i rivali del Fatah. Israele ha conseguentemente irrigidito il blocco navale e costiero di Gaza».

lunedì 20 maggio 2013

Palestinesi ancora vittime di tortura

Mohamed Abdel Karim Dar, residente a Hebron, ha perso la capacità di parlare dopo aver subito innumerevoli torture. La denuncia proviene dall'Independent Commission for Human Rights, che in un rapporto dettagliato, denuncia ben 28 casi di torture nelle carceri palestinesi soltanto nell'ultimo mese.
Secondo la ricostruzione del JPost, Dar è stato detenuto da agenti appartenenti al "Servizio sicurezza preventiva" dell'autorità palestinese. Ignoti sono i motivi del suo arresto e della detenzione. Sappiamo però che ha perso la facoltà di parlare in seguito alle numerose testate che è stato costretto ad imprimere sui muri della cella, in cui era confinato in solitudine. La vittima di queste torture giace ora in un letto di ospedale, dove è stato visitato dallo staff dell'ICHR, che ha subito emesso un reclamo nei confronti di Ramallah.

venerdì 17 maggio 2013

Pollo fritto a Gaza e altre tragedie meno serie

Scoppia la mania del fast food a Gaza. Beh, "fast" è un modo di dire, dal momento che il pollo fritto della KFC deve attraversare i tunnel clandestini scavati al confine fra l'Egitto e la Striscia di Gaza - quelli che il governo di Morsi fa saltare in aria con l'aviazione, o allaga con l'esercito - per giungere a destinazione. Il cibo così tanto occidentale arriva alle case dei palestinesi dopo alcune ore, ma che importa? vale la pena di aspettare per gustare questa prelibatezza.
E pazienza se la consegna di un KFC Family Meal comporta un costo di 80 lire egiziane - quasi 10 euro: quel pasto li merita tutti. Il problema è che bisogna provvedere anche alle spese di consegna: ragionevolmente, vista la strada da percorrere e i rischi che si attraversano. In tutto fa l'equivalente di 18 sterline, annota solerte il Sun: ovvero, 21 euro. Ma non ci avevano detto una volta che a Gaza se la passavano male? ci deve essere non poca gente con il portafoglio gonfio, se si può permettere il lusso di farsi mandare il pollo americano al domicilio.

lunedì 13 maggio 2013

«Solo gli israeliani devono fare delle concessioni»

di Evelyn Gordon*

La scorsa settimana, la Pew Research ha pubblicato i risultati di un sondaggio dal titolo apparentemente confortante: «malgrado le vistose differenze, molti israeliani e palestinesi auspicano un ruolo più ampio per Obama nel risolvere il conflitto». Il sondaggio in effetti ha evidenziato diversi gruppi desiderare un maggior coinvolgimento da parte di Obama, e leggendo il titolo, la conclusione scatta immediata: il conflitto israelo-palestinese è risolvibile se l'America si impegnasse un pochino di più, a patto che entrambi i contendenti lo desiderino.
Tuttavia, leggendo il sondaggio, si perviene a conclusioni opposte: il conflitto in questo momento non è risolvibile, perché alla domanda "è ipotizzabile un modo con cui Israele e uno stato palestinese possano coesistere pacificamente?", un enorme 61% ha risposto negativamente, mentre solo il 14% ha risposto affermaticamente (gli israeliani, in una affermazione della speranza rispetto all'esperienza, hanno visto prevalere i possibilisti rispetto agli scettici nella misura del 50 contro il 38%). In altre parole, un'ampia maggioranza di palestinesi afferma che anche qualora uno stato palestinese fosse crrato, il conflitto persisterebbe fino a quando esisterà Israele. Dove si legge la possibilità che fra israeliani e palestinesi scoppi la pace?

sabato 11 maggio 2013

Gaza: una prigione... dorata

Si fa fatica a trovare ancora gente disposta ad affermare che la Striscia di Gaza sia una "prigione a cielo aperto", come si sentiva fino a qualche anno fa. Il blocco navale al largo delle coste è stato giudicato legittimo da una commissione ONU, peraltro mai tenera con Israele per la sua composizione a prevalenza "non allineata"; ciò ovviamente non impedisce le attività ittiche nelle acque limitrofe. Il problema è rappresentato soprattutto dall'ostilità strisciante del vicino Egitto: malgrado Hamas, che governa nel terrore la Striscia dal 2007, sia una filiazione dei Fratelli Musulmani ora al potere al Cairo, si moltiplicano gli atti di ostilità nei confronti dell'enclave palestinese. Il valico di Rafah spesso e volentieri risulta chiuso per futili motivi, mentre l'esercito ostenta con orgoglio la distruzione con tutti i mezzi dei tunnel che collegano l'Egitto alla Striscia di Gaza. Per fortuna generi alimentari, medicinali, materiali da costruzione, abiti e beni di prima (e seconda) necessità entrano a Gaza per il tramite dei valichi israeliani di Erez e Kerem Shalom.