mercoledì 9 dicembre 2015

Facebook contro Golda Meir


di Yarden Frankl*

Un anno fa, alla vigilia del conflitto di Gaza, abbiamo pubblicato una immagina di Golda Meir riportante una delle sue citazioni più note: «la pace sopraggiungerà quando gli arabi ameranno i loro bambini, più di quanto odiano noi».
A fronte del plateale indottrinamento dei loro bambini all'odio nei confronti degli israeliani, sentivamo che quel messaggio era contemporaneo come non mai. Dopotutto, sia Hamas che l'Autorità Palestinese fanno regolarmente impiego dei mezzi di informazione per glorificare gli atti di terrorismo. Quest'anno abbiamo assistito quasi ogni giorno ad attacchi nei confronti di innocenti uomini, donne e bambini israeliani da parte di giovani palestinesi.
Alcuni di questi attacchi si sono risolti nella morte degli aggressori da parte degli israeliani intenti a tentare di difendersi. Una volta intervistati, i genitori di questi aspiranti criminali hanno manifestato orgoglio per l'azione dei loro ragazzi, mentre cercavano di uccidere gli ebrei.
Si può ben dire che l'odio dei palestinesi verso gli ebrei superi persino il loro amore verso i loro stessi figli?

giovedì 3 dicembre 2015

Triste Natale per i cattolici che vivono sotto Abu Mazen

Il gigantesco albero di Natale piazzato davanti alla Chiesta della Natività a Betlemme
Ma perché quest'anno ce l'hanno tutti con le rappresentazioni iconiche del Natale cristiano?
Persino nell'Autorità Palestinese (ANP) di quell'Abu Mazen tanto adorato dai salotti europei, i cattolici non se la passano tanto bene. Violenze e persecuzioni sono cresciute esponenzialmente, e non pochi - fra quelli che hanno potuto - hanno deciso di fare le valigie e trovare riparo altrove: segnatamente nel vicino Israele, dopo la minoranza cristiana è in continuo aumento; unico caso in tutto il Medio Oriente.
In tutto il West Bank i cristiani ormai costituiscono meno del 2% della popolazione complessiva. A Nablus 40 anni fa vivevano più di tremila cristiani; oggi sono meno di 700. A Betlemme la popolazione cattolica è scesa sotto al 20% del totale, decimata da vessazioni, violenze e minacce dopo il passaggio all'amministrazione dell'ANP. Proprio la cittadina indicata dalla tradizione cristiana come luogo di nascita di Gesù Cristo, è stata suo malgrado protagonista di uno spiacevole episodio, che la dice lunga circa il clima di ostilità respirato dalle minoranze sotto il dominio dell'ANP.

martedì 24 novembre 2015

La schizofrenia dei (filo)palestinesi e del mondo arabo

Un esame neanche troppo approfondito delle farneticazioni del mondo arabo e dei sostenitori della cosiddetta "causa palestinese", rivela incongruenze palesi e contraddizioni stridenti, fatte scivolare via dai media ufficiali per non turbare il sonno dei filopalestinesi, e non agevolare (quando mai!) la controparte ebraica. Esemplare il chiacchiericcio seguito alla strage di Parigi: da un lato i cospiratori hanno puntato il dito contro l'onnipresente Mossad; dall'altro hanno denunciato come l'assassinio perpetrato sia stata la conseguenza inevitabile delle "sofferenze" patite dai musulmani ad opera dell'Occidente "colonialista" e di Israele "occupante".
Il blogger Edgar Davidson ha realizzato una tabella che evidenzia le affermazioni più ricorrenti nel mondo arabo. Ciascuna di esse rivela opinioni diffuse e ricorrenti, sullo stesso tema. Peccato che l'una escluderebbe l'altra. Ma non importa: evidenziarlo farebbe correre il rischio di essere tacciato di islamofobia...

11 Settembre
- «L'attentato alle Torri Gemelle è stato organizzato dal Mossad»
- «L'11 Settembre è stata una grande affermazione dell'Islam»

Osama Bin Laden
- «Osama Bin Laden era una spia sionista»
- «Osama Bin Laden è stato un grande eroe dell'Islam»

Olocausto
- «L'Olocausto non è mai avvenuto»
- «Hitler è stato un grande uomo che ha punito gli ebrei»

mercoledì 18 novembre 2015

Abu Mazen confessa: «così ho abortito lo stato palestinese»

Il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per la prima volta ha ammesso in pubblico che nel 2008 ha respinto una proposta di pace che avrebbe dato luogo alla nascita di uno stato palestinese che avrebbe incluso tutta la Striscia di Gaza, quasi tutto il West Bank (mediante scambi territoriali) e un corridoio che avrebbe collegato i due territori.
Abbas lo ha riconosciuto nell'ambito di un'intervista concessa al canale televisivo israeliano Channel 10, che ha mandato in onda un documentario in tre puntate sui negoziati di pace del 2000 e del 2008 (la mission della TV pubblica è evidentemente ben diversa in Israele rispetto ai territori palestinesi, NdT). Secondo Abu Mazen e Ehud Olmert, primo ministro di Gerusalemme nel 2008, Israele presentò al leader palestinese una mappa dettagliata che definiva i confini del futuro stato di Palestina. Abbas affermò che la respinse, perché sosteneva di non essere un esperto di mappe, e perché gli scandali che lo coinvolsero promettevano una fine prematura del mandato di Olmert. In passato l'ex Primo Ministro israeliano e diversi dirigenti palestinesi hanno dichiarato che Abbas all'epoca respinse il piano di pace, ma questa è la prima volta che il presidente dell'ANP lo ammette esplicitamente.
Al minuto 24'05" del filmato, il giornalista di Channel 10 Raviv Drucker chiede ad Abbas: «nella mappa che Olmert sottopose alla Sua attenzione, Israele avrebbe annesso il 6.3% del West Bank, offrendo in cambio il 5.8% dei territori israeliani al di qua della Linea Verde: cosa rispose a questa proposta?». «Non ero interessato», ha replicato Abbas; al che l'intervistatore lo incalza: «seriamente, perché non ha accettato l'offerta di Olmert?»

martedì 10 novembre 2015

Quelle volte in cui siamo andati vicini alla nascita di uno stato palestinese...

Come una volta ebbe a dire il leggendario negoziatore israeliano Abba Eban a proposito delle relazioni fra lo stato ebraico e il mondo arabo: «gli arabi non perdono mai l'opportunità di perdere un'opportunità»; e in effetti si contano diverse occasioni in cui la leadership palestinese ha dato un calcio all'opportunità di pervenire finalmente ad uno stato.
Perché i palestinesi si rifiutano di intavolare negoziati di pace? perché una pace concordata implicherebbe la fine del conflitto. I palestinesi invece vogliono uno stato che comporti la continuazione del conflitto, ma da posizioni di forza: ecco perché insistono in questo preteso "diritto al ritorno".
Al margine dovrebbe essere notato come una eventuale dichiarazione statuale unilaterale da parte dei palestinesi, o il portare la questione alle Nazioni Unite, costituirebbe una grave violazione degli Accordi di Oslo sottoscritti fra OLP e Israele; che esplicitamente escludono questa scappatoia, nonché il ricorso a terze parti. Questi accordi fra l'altro sono stati sottoscritti con il patrocinio di Stati Uniti, Russia, Norvegia e Unione Europea; per cui se qualcuno di questi stati dovesse contravvenire agli accordi supremamente controfirmati, solleverebbero forti dubbi circa la credibilità della loro firma.
Si contano almeno tre volte in cui i palestinesi hanno respinto la prospettiva di pervenire ad uno stato; in due casi in tempi recenti.

mercoledì 4 novembre 2015

Tesoro, mi si sono ristretti gli insediamenti!

Il profilo minaccioso di un insediamento ebraico.
Per qualche istante abbiamo temuto che Haaretz, il quotidiano arabo stampato in Israele in lingua ebraica ed inglese, avesse cambiato mission, sotto i colpi degli hacker che ieri hanno preso possesso del suo profilo Twitter. Ma una rapida occhiata ha confermato il mantenimento dello status quo: permane l'atmosfera di acredine, di sentimenti antisionisti, di manipolazione della verità, di vagheggiamenti elitari e proliferano le ospitate di odiatori di Israele.
Non c'era bisogno che un gruppo di buontemponi alterasse la home page di Twitter: bastava lasciarvi le considerazioni di Lara Friedman e Hagit Ofran, attiviste di Peace Now, che ivi riversavano tutta la loro frustrazione per le recenti dichiarazioni del primo ministro israeliano il quale, dati alla mano, ha dimostrato come l'attività edilizia nei territori contesi del West Bank non possa essere la causa delle violenze palestinesi, poiché la costruzione degli insediamenti in realtà si è ridotta durante il mandato di Netanyahu, rispetto a quello dei sui predecessori (laburisti inclusi).

martedì 3 novembre 2015

Come investire sulla StartUp Nation

Importante novità per gli investitori che desiderano puntare sul boom della tecnologia Israele.
Grazie ad un accordo fra il NASDAQ, la borsa di Tel Aviv e la BlueStar Indexes, presto sul tabellone di Times Square comparirà il primo ETF (Exchange Traded Fund) che replica l'andamento di un paniere di società tecnologiche israeliane, o collegate ad Israele. Lo strumento sarà denominato "BlueStar TA-BIGITech Israeli Technology exchange traded fund (ETF)", e sarà scambiato sul Nasdaq con il ticker symbol "ITEQ".
Ma che cos'é un ETF e quali saranno in vantaggi per gli investitori?
Un ETF è una popolare forma di investimento, a metà strada fra un fondo di investimento e un'azione. Come il primo, rappresenta un paniere diversificato di società, selezionato da uno o più gestori. Come un'azione, non necessita dell'intermediazione di un promotore finanziario per essere acquistato: è sufficiente inserire la denominazione o il simbolo nel motore di ricerca della propria piattaforma di trading online per essere acquistato.