Strano destino, quello dei profughi palestinesi. Se in qualche modo le loro sorti possono essere ricondotte alle politiche difensive di Israele, lo stato ebraico è collocato sul banco degli imputati, costretto a difendersi per il tentativo quotidiano di evitare una eliminazione certa da parte dei nemici che lo circondano. Se il profugo palestinese è vessato, ostracizzato, malmenato, privati dei diritti più basilari ad opera di dubbie democrazie mediorientali, tutto scivola nell'oblio, nell'omissione e nelle reticenze.
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Il campo profughi di Yarmouk, in Siria |
I profughi palestinesi di Siria, Giordania, Libano, Egitto (e perfino ANP) sono contemplati soltanto quando possono essere oggetto di esposizione mediatica; utili ad essere raffigurati come bersaglio della "perfidia sionista", sebbene le foto che ritraggono loro non hanno mai nulla a che fare con Israele. Altrimenti, sono essere umani di seconda categoria, scomodi e negletti. Elder of Ziyon ci informa che da due settimane 365 profughi palestinesi, provenienti dalla Siria, giacciono letteralmente in mezzo ad una strada, dopo che il governo di Cipro ha chiuso senza complimenti un campo dove erano temporaneamente sistemati, provenendo dalla Siria. Il governo di Nicosia ha offerto loro 500 euro e un visto turistico temporaneo. Ha dato loro il benservito, insomma.
Non hanno abiti, non hanno cibo, non hanno un luogo dove dormire. E ci sono diversi bambini. Nessuna ONG si occupa di loro, tantomeno la UNRWA, la milionaria agenzia delle Nazioni Unite istituite specificatamente per preoccuparsi dei rifugiati palestinesi, quando non si occupa della propria burocrazia.
Niente da fare, non potendo biasimare gli israeliani, questi palestinesi sono abbandonati al loro destino. Probabilmente qualcuno tenterà la sorte imbarcandosi su improbabili zattere scalcinate, nel vano tentativo di guadagnare le coste italiane. Dovesse subire l'atroce destino di annegare, il sangue farà versare l'ipocrita lacrima all'europeo benpensante. Ma solo per un giorno.
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