Le Iene - PELAZZA: I tunnel di Gaza - Video Mediaset
Rabbia, indignazione, sconcerto e nausea sono le prime sensazioni che affiorano osservando - tenendo in pugno un sacchetto per raccogliere la bile che i conati di vomito fa affiorare ripetutamente - lo spettacolo indecente trasmesso ieri da una rete televisiva nazionale.
Ieri sera su Italia 1, nel corso della trasmissione "Le Iene", è stato trasmesso un servizio propagandistico di tale Pelazza, dall'impronta vergognosamente antisionista e filoterroristica (mascherato da un falso buonismo filopalestinese). Il servizio intendeva mostrare la realtà dei tunnel illegali - "fatti interamente a mano", rimarca Pelazza, a sostegno dell'artigianato locale - che i terroristi di Hamas (ripetiamo: i terroristi. Tali sono considerati dagli Stati Uniti di Obama, dall'Unione Europea, dal Canada, dall'Australia, e da diversi altri stati; compreso Israele, che riceve quasi ogni giorno attacchi dalla roccaforte della Striscia di Gaza) hanno scavato al confine fra la Striscia e l'Egitto. Scopo: quello di introdurre illegalmente armi provienienti dalla Siria, e contrabbandate passando per il Sinai ormai abbandonato dall'esercito israeliano.
Ormai nessuno più crede alla favola della "tragedia umanitaria". A Gaza entra ogni due giorni l'equivalente del carico trasportato lo scorso anno dalla "Freedom Flottilla"; carico peraltro in buona parte inutilizzabile perché scaduto o irrimediabilmente deteriorato. E' stupido - quanto Pelazza - credere che ci sia gente che rischi la vita per trasportare qualche pesca attraverso un tunnel, quando i mercati di Gaza straripano di ogni ben di dio, proveniente dai valichi israeliano di Erez e da quello egiziano di Rafah. Soltanto una persona in malafede lo può credere.
E soltanto un ignorante può sorvolare sul fatto che le armi introdotte a Gaza servono ad uccidere civili inermi: le città di Sderot, Ashdod e Ashkelon sono colpite quasi ogni giorno, con morti, feriti e danni che non interessano a questo "signore". Il quale ha bellamente commesso un reato, introducendosi illegalmente a Gaza, e dando megafono a chi non è che l'abbia raccontata proprio giusta.
Dunque apprendiamo che ci sono oltre 2000 tunnel scavati. Ogni tunnel costa dai 200 a 250 mila dollari. Dunque Hamas, che governa Gaza dopo un sanguinoso colpo di stato, ha speso circa 500 milioni di dollari, e altri spende quando i tunnel franano sotto il loro stesso peso. Quanti palestinesi sarebbero stati sfamati con quel denaro in un'area che conta un milione e mezzo di abitanti? Possibile che a Pelazza non venga in mente? possibile che non coglie la consecutio temporum? prima i palestinesi lanciano i loro attacchi, e poi giunge la risposta israeliana, che tenta di distruggere le installazioni belliche. Mai il contrario. Chi è bellicoso? chi è aggressivo? chi lancia l'attacco o chi difende la propria popolazione?
Possibile che Pelazza non si chiede se sia vero che addirittura il 99% dei crolli dei tunnel siano dovuti ai bombardamenti dei caccia israeliani? vuol farci credere davvero che Israele mette a repentaglio un trattato di pace con l'Egitto, andando a bombardare il suo confine con la Striscia? e come mai, se quasi tutti quelli che muoiono dentro i tunnel, devono la loro morte agli attacchi dei caccia israeliani; come mai non risulta alcuna denuncia, ne' di Hamas, ne' di Abu Mazen, ne' di una qualsiasi ONG, dalla più piccola ad Amnesty International? Niente, nessuno ha mai denunciato l'accaduto, ma questo non scoraggia Pelazza a contrabbandare - giacché c'è - anche questa colossale balla. Andare a chiedere lumi ad un console, un militare, un giornalista, un semplice cittadino israeliano non avrebbe fornito una rappresentazione più obiettiva e meno platealmente distorta? è questo il modo di fare informazione?
Ma lo scopo non era quello di gettare fango su un paese perennemente attaccato da quando è nato. No. Lo scopo - che maligni che siamo stati!... - era quello di vedere la costruzione di una scuola a Gaza. Una delle tante scuole che Hamas utilizza per lanciare missili, razzi e granate contro Israele, costingendo sovente la popolazione civile locale ad assistere inerme, anche quando i caccia israeliani lanciano volantini in arabo per invitare la popolazione civile ad evacuare. Soltanto Pelazza può credere che ci sia gente tanto malvagia da distruggere una scuola, se non quando quella scuola perde la sua nobile funzione per diventare una rampa di lancio di Qassam e Katiuscia.
Alla fine, l'indignazione lascia posto alla rassegnazione. Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. O di chi non conosce la realtà. D'altro canto, uno che omette di ricordare che Vittorio Arrigoni è stato ucciso proprio dai palestinesi; uno che più di una volta parla di "Palestina", uno stato che non esiste (esiste l'Autorità Palestinese, ma si trova dall'altra parte, in Cisgiordania), non stupisce che ordini in sequenza una serie di fandonie. Peccato che qualcuno fra i telespettatori ci possa credere. Ma se è disposto a farlo, non deve essere meno ottuso di questo fantomatico reporter.
giovedì 20 ottobre 2011
Che fine hanno fatto i criminali palestinesi graziati?

Qualche anima bella si è indignata perché non è stato riservato ai detenuti palestinesi lo stesso trattamento che il mondo civile ha riservato a Gilad Shalit. Non vale la pena di guastarsi la digestione nel ricordare le nefandezze dei detenuti liberati l'altro giorno: basta cercare un po' in Rete e si trovano facilmente le immagini ancora grondanti di sangue (e non solo in senso metaforico) di questi criminali.
Ma mentre la famiglie e le istituzioni israeliane hanno creato un cordone attorno alla famiglia Shalit, impedendo che le televisioni e i giornalisti si avvicinino a meno di due chilometri dalla casa dove il povero Gilad cercherà di ritrovare una serenità che cinque anni di prigionia hanno irrimediabilmente alterato; in effetti i palestinesi liberati non disdegnano di essere ripresi in atteggiamenti che testimoniano il loro pentimento.

E così apprendiamo dalla versione online del quotidiano Yedioth Ahronoth che in effetti i criminali palestinesi rilasciati dopo l'atto di grazia del presidente Peres, se la spassano allegramente in uno degli hotel di lusso che sono stati costruiti a Gaza negli ultimi anni (a proposito: ma dov'é la "tragedia umanitaria" di un popolo stremato dalla "occupazione" israeliana?).
Se lo possono permettere, visto che Hamas ha reso disponibile per le prime spese una discreta sommetta di 588 mila dollari, che da quelle parti non devono essere proprio pochi.
Così, mentre Gilad cercherà faticosamente di tornare alla vita, dopo aver impiegato un quinto della sua giovane esistenza nelle prigioni di Hamas, questi 105 valorosi delinquenti mediteranno sulle prossime nefandezze al bordo di una piscina vista mare del lussuoso cinque stelle Al-Mashtal.
Le anime belle di cui sopra sono accontentate. Ma forse, per pudore, sarebbe meglio non parlarne. Sperando che di queste canaglie non ci si debba più occupare in futuro.
ArcMed Hotel Almashtal Gaza***** from sandra gomez on Vimeo.
mercoledì 19 ottobre 2011
Quisquilie...
In un'intervista a Sky, un "rappresentante dell'Autorità Palestinese in Italia" si domanda perché il mondo non si rallegri per la liberazione dei carcerati palestinesi, come sta facendo invece per Gilad Shalit.
Forse perché Gilad non ha ucciso nessuno, stava difendendo la sua patria sul suo suolo, ed è stato sequestrato e tenuto in cattività senza poter vedere nessuno; mentre i mille detenuti sono criminali pluriomicidi, che hanno subito un regolare processo, in cui hanno spesso confessato le loro nefandezze, che hanno beneficiato di un regime carcerario in cui hanno potuto vedere i loro familiari, i loro legali, i giornalisti hanno potuto leggere e fare attività fisica?
Una piccola e impercettibile differenza, vero?
Il «rappresentante diplomatico», dopo aver sbollito l'ira per "l'ingiusta disparità" di attenzione, ha precisato ad una domanda dell'intervistatore (un po' troppo compiacente, per la verità...) che ci sarà pace soltanto quando Israele cesserà l'occupazione. Peccato che abbia omesso di precisare di che tipo di occupazione stiamo parlando, dal momento che Gaza è dal 2007 in mano ai rivali di Hamas, e il 97% dei territori contesi del West Bank sono nella piena disponibilità di Al Fatah. Residua un 3% di territori, ma i palestinesi hanno rifiutato di conseguire una pace quando fu loro proposto da Olmert di scambiare quei pochi chilometri quadrati con altri territori. Gerusalemme sarebbe ben lieta di conseguire una pace effettiva e duratura a queste condizioni. Ma dall'altra parte tutto tace.
Un dubbio a questo punto sorge legittimo: non è che l'occupazione ventilata è quella della terra dove sorge Israele? non è che questo buffo signore - proveniente da una organizzazione che si regge grazie ai finanziamenti internazionali, e in parte anche italiani - è fra quelli che aspirano ad una Palestina "dal Giordano al Mediterrano", come tanto piacerebbe a canaglie come Ahmadinejad?
La realtà è che sarà difficile fare la pace con un'organizzazione come Hamas che ha nell'atto costitutivo la distruzione di Israele, di cui rifiuta la stessa esistenza. E con un'altra organizzazione come quella che governa la Cisgiordania da Ramallah, che ha fatto sfoggio di razzismo dichiarando di aspirare ad uno stato palestinese senza la presenza di un solo ebreo, e il cui maggiore esponente è purtroppo noto per una squallida tesi negazionista.
A tal proposito, che fine ha fatto Abu Mazen?
Altra domanda: che ne è stato del patto di riconciliazione firmato al Cairo fra i due movimenti che governano il popolo palestinese? La domanda è legittima, specie dopo che questa mattina Mahmoud Zahar, alto funzionario di Hamas, dalle colonne di un quotidiano di Gaza ha sollecitato Abu Mazen a tenere finalmente elezioni in Cisgiordania, dove il parlamento è scaduto da quasi tre anni.
P.S.: Aspettiamo ora che Sky intervisti anche un rappresentante dello stato israeliano...
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Per Gilad l'ultima tortura prima di tornare a casa

Gilad Shalit è provato da più cinque anni di sequestro. Gli ebrei che sopravvissero all'Olocausto non apparivano in condizioni peggiori, quando furono liberati. Aivoglia a dire che Gilad appare in buone condizioni fisiche. I sorrisi che ha dispensato sono funzione della gioia di ritrovare la libertà e l'affetto degli esseri umani, dopo una atroce prigionia durante la quale non ha potuto ricevere i conforti nemmeno della Croce Rossa Internazionale, nelle ultime ore così prodiga invece nei confronti dei criminali rilasciati dopo un regolare processo, e che durante la detenzione hanno goduto di tutti i diritti, incluso quello di vedere i propri parenti, di consultare un legale, di leggere e vivere.
Ma la tortura più atroce che Gilad ha subito, prima di riabbracciare i suoi genitori, è stata l'intervista estortagli dalla televisione egiziana.

L'intervista è stata raccolta da Shahira Amin, prima che Gilad potesse essere visitato dai medici, prima che autorità del governo israeliano o gli stessi familiari abbiano potuto anche vederlo. Se Gilad ne avesse avuto la forza, si sarebbe sollevato dalla sedia su cui è stato costretto; ma non per mollare un indignato ceffone all'intervistatrice, quanto per guadagnare disgustato la porta d'uscita. Inevitabilmente, di fronte a domande del tipo: "durante la sua prigionia, ha realizzato un solo video in cui comunicava di stare bene. Perché soltanto un video?"; domanda ripetuta una seconda volta, di fronte all'incredulità del povero Gilad; con alle spalle la bandiera dell'Egitto, come se si trattasse di un'intervista ufficiale del governo provvisorio del Cairo in cerca di legittimazione internazionale, e non di un gesto che rappresentava il primo cauto contatto con l'umanità.
Oppure quando la giornalista, famosa per aver lasciato la TV di stato dopo la defenestrazione di Mubarak, ha azzardato uno scellerato parallelo fra il caso di Gilad, sequestrato da un commando palestinese in Israele, e i 4000 criminali terroristi detenuti nelle carceri di Gerusalemme dopo un regolare processo che ha accertato le loro gravi responsabilità, in diversi casi sprezzantemente confessate. Per fortuna sua e dei malcapitati telespettatori, Gilad ha avuto un soprassalto: "sarei molto felice se riacquistassero la libertà, a patto che non tornino ad attaccare Israele". Da notare che questa frase, pronunciata in ebraico, non è stata tradotta ne' dall'interprete egiziano per la TV di stato, ne' dall'interprete inglese per la BBC, che ha diffuso l'intervista: poco politicamente corretta.
Il mondo ha assistito disgustato al trattamento disumano riservato seppur per pochi minuti dalla giornalista egiziana nei confronti di un povero ragazzo costretto alla cattività per cinque interminabili anni. Gilad era disorientato, smarrito, respirava a fatica e roteava gli occhi. Ciò non ha impedito alla giornalista di porre domande insolenti. D'altra parte, deve essere stata l'unica al mondo a non notare le pessime condizioni fisiche del ragazzo.
P.S.: No, non si trattava di un'intervista forzata. Affatto:

Deve aver studiato psicologia alla Facoltà frequentata da Er Pecora...
Aggiornamento delle 19.30
Fa male leggere gli strafalcioni che alcuni media riportano sul rilascio di Gilad Shalit. Ieri il TG3 ha affermato addirittura che Gilad nel 2006 è stato sequestrato a Gaza. Naturalmente è una balla: Gilad, con il suo plotone, era a guardia del confine fra Israele e la Striscia, ma ampiamente in territorio israeliano. Come è noto a tutti, il commando palestinese ha scavato un tunnel di tre chilometri ed è penetrato in territorio straniero, nei pressi della cittadina di Kerem Shalom, uccidendo due soldati e ferendone quattro, prima di sequestrare Gilad.
Probabilmente il telegiornale della Terza Rete deve essere stato tratto in inganno da un lancio di Sky News, che clamorosamente riportava il sequestro del caporale israeliano proprio a Gaza.
Oltretutto, quando Gilad Shalit è stato rapito, Israele si era ritirato da tempo dalla Striscia di Gaza.
Ma non è finita qui. Non soddisfatto del primo scivolone, Sky News è scivolata di nuovo, e ieri ha annunciato che il soldato è stato liberato dopo uno scambio con la Palestina.
Ora, a parte che la Palestina non esiste, come sanno tutti, tant'é vero che al Consiglio di Sicurezza dell'ONU giace una richiesta di riconoscimento da parte dell'Autorità Nazionale Palestinese di Abu Mazen (che non è certo uno stato); casomai bisognava rilevare che lo scambio è avvenuto con Hamas, che governa Gaza dopo il colpo di stato del 2007, e che peraltro ha stigmatizzato l'iniziativa portata avanti da Abu Mazen. Insomma, i sequestratori di Gilad Shalit non hanno mai messo la creazione dello stato di Palestina fra le loro priorità: come è noto, la loro missione è quella di eliminare fisicamente Israele. A tutti i costi.
lunedì 17 ottobre 2011
Come i media distorcono l'immagine di Israele
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sabato 15 ottobre 2011
Cristiani in Medio Oriente
"Cristiani cacciati dal Medio Oriente. Europa e Usa scelgono di lasciar fare"
tratto da "Il Giornale" di venerdì 14 Ottobre 2011
Fiamma Nirenstein
tratto da "Il Giornale" di venerdì 14 Ottobre 2011
I Paesi musulmani, per la maggioranza, non vogliono i cristiani, o sono preda di chi non li vuole: in Arabia Saudita il cristianesimo è proibito, in Iraq l'anno scorso proprio in questo mese 58 cattolici furono sterminati in una chiesa, dieci anni fa c'erano 800mila cristiani, oggi sono 150mila. In Iran, sotto lo Scià la vita era possibile, poi i cristiani sono stati dichiarati, con i bahai, gli ebrei e chiunque non sia sciita «in guerra contro Dio» e sono soggetti a arresti, torture, morte. Solo dal giugno 2010 sono stati arrestati 250 cristiani. A Betlemme i cristiani da quando nel '94 l'Autorità Palestinese governa, dall'80 per cento sono scesi al 20. A Gaza dove sono solo 3000, ci sono omicidi, i luoghi di culto vengono bruciati, la persecuzione è piena. Un po' più lontano in Pakistan i cristiani vengono aggrediti ogni giorno.
Come reagiamo noi europei? Malissimo se si pensa che il patriarca maronita cattolico Bechara Rai, recatosi da Sarkozy per dire di essere preoccupato per i cristiani di Siria nel caso Assad venga deposto (non è una difesa del rais, ma l'annuncio di una presenza islamista attiva sul campo) è stato trattato come un paria e quando è andato in America Obama non l'ha ricevuto. L'Europa, gli Usa dove sono?
Fiamma Nirenstein
mercoledì 12 ottobre 2011
La condizione miserabile dei giornali

L'altro ieri su un rispettabile giornale inglese compariva un articolo sulle condizioni disperate di Gaza, raffigurante una ragazza che apparentemente riposa sulle macerie lasciate da un'offensiva isreaeliana, mentre una sua compagna/parente si lascia sfuggire un sorriso sornione. Nulla di nuovo rispetto a quanto già noto, ma di questi tempi vale la pena di rinfrescare la memoria dei benpensanti.
Nessuna menzione però del fatto che quel genere di offensiva è sempre una (dolorosa) risposta ad un precedente attacco palestinese verso le città meridionali di Israele, e nessuna menzione del fatto che la reazione ha colpito le abitazioni perché Hamas ha il vizietto di piazzare i missili e i razzi sui tetti delle abitazioni, delle moschee, dei luoghi pubblici, talvolta costringendo i civili a restarvi all'interno, malgrado essi tentino di guadagnare la sicurezza allertati dal precedente lancio di volantini in arabo. Ma soprattutto...
Soprattutto, quell'immagine è RICICLATA, risalendo alla guerra combattuta a Gaza fra la fine del 2008 e l'inizio del 2009.
L'operazione Piombo Fuso fu la risposta stremata di Israele ai continui, quotidiani attacchi palestinesi verso le città meridionali dello stato ebraico.
Ci furono morti e distruzioni da entrambe le parti. E un giudice sudafricano (Goldstone) che divenne famoso per aver scritto per conto dell'ONU un documento di condanna in cui sostanzialmente metteva sullo stesso piano Hamas e l'esercito israeliano.
Dopo due anni, Goldstone scriverà sul New York Times: "ho sbagliato. Se allora avessi saputo quello che so oggi, non avrei scritto quel rapporto". Tardivo.
Ci vuole tanto a documentarsi, prima di scrivere un articolo. E' troppo chiedere ai media di non fare copia&incolla delle veline che provengono dalle agenzie di stampa di parte?
Prendi la Mavi Marmara. Sdegno e indignazione per le vittime a bordo in seguito all'abbordaggio israeliano. Dopo (sempre dopo!...) si scopre che l'equipaggio era armato fino ai denti, che non trasportava nulla di utile per la martoriata popolazione palestinese, e che era lì soltanto per provocare la reazione israeliana. Soprattutto, che erano dipendenti dell'IHH, organizzazione terroristica turca finanziata da Hamas.
Naturalmente però nessuno commenta i danni, le vittime e i feriti di Sderot, di Askelon e di Ashdod. Nessuno ha parole per la famiglia Fogel sgozzata nel sonno. Nessuno ricorda il bus fatto esplodere con un missile teleguidato nei pressi di Eilat, cittadina israeliana che si affaccia sul Mar Rosso. Nessuno biasima i sassi lanciati dai palestinesi contro l'auto guidata da un israeliano, che perde il controllo della stessa e muore assieme al figlio.
Niente. I sensi di colpa ancestrale dell'Occidente fanno voltare sempre dall'altra parte, quando ad essere colpiti sono i suoi simili.
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