Nessun essere umano, degno di tal nome, potrebbe mai provare apprezzamento, o anche lontana stima, per l'ignobile gesto compiuto da un commando di ragazzi, che nella notte dell'11 marzo 2011 ha massacrato un'intera famiglia - marito, moglie e tre figli, fra cui una bambina di appena tre mesi («era pur sempre un'ebrea», si sono giustificati gli assassini, dopo la cattura) - ad Itamar, nel West Bank. Una strage brutale, animalesca, eppure premeditata e senza alcuno scrupolo. Condanna generale.
Eppure oggi c'è chi tesse le lodi di un simile gesto. E non cammina a quattro zampe.
In un imbarazzato articolo, il quotidiano Haaretz - di solito duro nei confronti del governo israeliano, al punto da sfiorare le posizioni palestinesi e filo-arabe - ha commentato una trasmissione televisiva andata in onda all'inizio del mese, in cui alcuni parenti degli assassini della famiglia Fogel hanno esaltato i gesti compiuti dagli assassini. La madre di uno dei membri del commando ha salutato il figlio, che sconta una condanna a cinque ergastoli. La zia descrive il nipote come un «eroe».
C'è ben poco da aggiungere. Nessun omicidio premeditato può essere giustificato, o compreso. Ma il dolore aumenta a dismisura quando non si verifica alcun pentimento, e raggiunge il parossismo quando si riesce a trovare qualcuno che tesse le lodi di un simile scempio.
Spiace dirlo, ma è difficile pensare che si possa mai arrivare alla pace, in Medio Oriente, se c'è gente che apprezza la morte e chi la somministra.
Nessun commento:
Posta un commento