martedì 3 aprile 2012

Poveri palestinesi...


Certi rischi in Europa non li corriamo. Pochi si sognano di manifestare aperto dissenso nei confronti della politica palestinese, anche se molti covano la convinzione che il mancato conseguimento della pace in Medio Oriente sia riconducibile all'ottusa leadership palestinese: quella intransigente di Hamas, certo; ma anche quella "moderata" di Abu Mazen, a Ramallah. E' un segreto di Pulcinella: ma memori del grossolano errore strategico di un anno fa, quando si accreditò l'esperimento della "primavera araba", salvo accorgersi di aver consegnato diversi stati a regime islamici più temibili delle dittature filo-occidentali precedenti; l'Occidente ha deciso saggiamente di guardare dall'altro lato, ignorando le tensioni che stanno emergendo nella disperata civiltà palestinese.
Nulla trapela sui giornali a proposito della crisi energetica a Gaza. Una crisi indotta dall'ingordigia di Hamas, che preferisce comprare combustibile dall'Egitto (che lo vende a prezzo calmierato), salvo applicarsi sopra un lucroso sovrapprezzo che va a finanziarie le attività terroristiche e propagandistiche locali. Il vicino Israele si è proposto di vendere il proprio petrolio, ma poichè su di esso Hamas non potrebbe farvi la cresta, lo respinge sdegnato, adducendo pretesti cospirazionistici. La popolazione nel frattempo rimane al buio e priva di benzina, e sa bene su cui ricade l'esclusiva responsabilità. Tutto tace nel frattempo in Occidente.
Un altro aspetto raccapricciante è il recente arresto di Ismat Abdul-Khaleq, una donna palestinese accusata di aver ingiuriato il presidente dell'ANP Abu Mazen sul suo profilo Facebook: un reato, in Cisgiordania. Stanchi di vedere l'Occidente accusare Israele, quasi sempre ingiustamente, anziché rivolgere i propri strali verso la propria dirigenza, i palestinesi stanno iniziando a fare per conto proprio. Pagandone in prima persona le conseguenze.

Nel frattempo Abu Mazen ha trovato il tempo per conferire un premio al giornalismo di Helen Thomas, la famosa corrispondente della Casa Bianca di orientamento antisemita, costretta a dimettersi dopo aver sostenuto che gli ebrei dovrebbero lasciare Israele e tornare in Polonia o in Germania. Una esternazione raccapricciante, che costinse un imbarazzato Obama a pretendere le dimissioni dell'anziana giornalista. Che adesso beneficia di un plateale riconoscimento di simpatie filopalestinesi da una filiale dell'OLP, a Washington. Con buona pace per chi confida nell'obiettività di giudizio dei giornalisti occidentali, quando si ha a che fare con le questioni israeliane...

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