Sono statistiche da prendere sempre con le molle, ma che alla fine scatenano un sano dibattito e un bonario campanilismo:

Naturalmente, fra le nazioni più felici spiccano gli stati nordici (Finlandia, Norvegia, Svizzera, Svezia), caratterizzati da un reddito pro-capite fra i più elevati della Terra; o stati talmente piccoli (Danimarca, Olanda) da promuovere politiche sociali difficilmente replicabili su larga scala; o ancora stati ricchi di commodity (Canada, Australia, Nuova Zelanda) e pertanto di flussi di capitali internazionali che sovvenzionano facilmente lo stato sociale.
In questo contesto in cui tutto è comprensibile, spicca la posizione solitaria di Israele, 14esimo nella classifica degli stati più felici. Malgrado sia circondato da stati ostili, nonostante le minacce esterne si facciano sempre più insistenti, pur dedicando diversi anni della propria vita alla difesa dei confini e alla frequentazione di rifugi anti-missile; la popolazione del piccolo stato ebraico si rivela più felice e più attaccata alla vita di stati che di certo non hanno problemi con i vicini, con i quali al contrario pongono in essere scambi culturali e commerciali. Forse è per questo che lo stato di Israele, a 64 anni dalla fondazione, suscita ancora l'aperta ostilità di buona parte del mondo arabo: rappresenta un pessimo esempio per chi ogni giorno propina il culto dell'oscurità e della morte.

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