...poi andava dalle sue parti, a Ramallah, e in arabo diceva il peggio possibile contro gli americani, contro gli israeliani, e contro tutti. Purché il suo potere non subisse ridimensionamenti. Alla fine la pace era una parola vuota che veniva declinata in tutti i modi (solo) dal mondo occidentale; quello che contava di meno, purché mettesse mano al portafoglio. Nelle cancellerie arabe, si sapeva benissimo che Arafat non avrebbe mai sottoscritto alcun trattato di pace: una volta ebbe a dire: «Preferisco essere ucciso dal proiettile di un israeliano che mi considera un nemico, anziché dal proiettile di un palestinese che mi condanna come un traditore». Questa doppiezza ha caratterizzato tutta la vita del terrorista palestinese, e caratterizza tuttora buona parte della politica islamica.

Sulla sua pagina Facebook Essam el-Erian collega la strage di Boston all'intervento francese nel Mali, alla guerra civile in Siria, all'instabilità in Iraq, tracciando arditamente una linea che una mente razionale fa fatica a cogliere: «Chi disturba la trasformazione democratica, malgrado la difficile transizione dal dispotismo, dalla corruzione, dalla povertà, dall'odio e dall'intolleranza, alla libertà, alla tolleranza e alla giustizia sociale?» E ancora: «Chi infonde l'islamofobia mediante la ricerca, la stampa e i mezzi di comunicazione? chi finanzia la violenza?»
E' il cospirazionismo alla massima espressione. Accuse generiche sparate nel mucchio, che infiammano le masse, e che risultano del tutto assenti nei proclami rivolti al mondo occidentale.
H/t: Foreign Policy.
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