venerdì 25 maggio 2012

Vanity Fair è turbata per la scelta oscena di Valeria Marini

La bellezza, si sa, è negli occhi di chi guarda. Ma su alcune scelte di stile non è il caso di discutere: sono riprovevoli e basta. Così, mentre le dive italiane si facevano apprezzare sul red carpet di Cannes per la loro indubbia eleganza, Valeria Marini si faceva cogliere con un particolare che lasciava inorridita la redattrice di Vanity Fair.
Indossava un orrido infradito? forse un abbinamento di colori improponibile? un abito troppo fasciato che lasciava intravvedere le indulgenze alimentari? nulla di tutto ciò...
La Valeriona nazionale indossava un accessorio riprovevole: un "ciondolo a stella", motivo di turbamento, che provocherebbe un effetto marchiatura "inquietante".
La Marini avrà forse apprezzato il suggerimento disinteressato dell'estensore della cronaca da Cannes: «Cara Valeria Marini, pensaci molto, ma molto bene prima di riproporre in pubblico questo dettaglio "di stile"».
Un invito dal sapore vagamente minaccioso: si può tollerare chi indossa la stella di David, purché lo faccia in privato; non in pubblico. Una croce che decora una profonda scollatura è fashion; un simbolo di appartenenza alla religione musulmana può essere osservato sulle passerelle di moda parigine; ma un simbolo ebraico giammai può essere considerato un dettaglio "di stile". Al contrario, è riprovevole, e gli sta bene alla Marini che abbia subito lo sfregio di quel simbolo sulla pelle, pare di sentire la Manfredi.
Anche se non lo rivela apertamente, nel sottotitolo che accompagna la foto si rincara la dose evidenziando il disonore di cui si sarebbe coperta la soubrette.
Fin troppo facile immaginare la prevedibile replica, se mai vi sarà: si trattava di considerazioni estetiche, non razziali o politiche. Forse a questo punto per non disgustare i lettori, sarebbe meglio tacere.

1 commento:

  1. Beh, certo che anche da parte della Marini mettere quel magen David praticamente sopra il culo - oltre che su carni così penosamente sfatte, per quanto riguarda l'aspetto estetico - non appare proprio il massimo del rispetto...

    Parzialmente in tema mi permetto di incollare un articoletto trovato oggi:
    Il direttore sociale dell'Asl di Pavia, a lungo dirigente dell'Asl di Lodi, Bergamo e Milano, nel mirino delle critiche per la sua uscita infelice: "Non voleva essere un'affermazione pesante nei confronti di chi ha sofferto"

    PAVIA, 26 maggio 2012 - «La differenza fra le torte e gli ebrei? Che le torte quando le metti nel forno non gridano..». Bufera sul direttore sociale dell'Asl di Pavia, Giuseppe Imbalzano, 59 anni, a lungo dirigente dell'Asl di Lodi per poi passare a Bergamo e Milano, che durante un incontro con i rappresentati di Comune e Provincia ha pronunciato queste parole. Subito è scoppiata la polemica, ma Imbalzano, raggiunto ieri in tarda serata al telefono da Il Giorno, si difende: «Quando ho detto quella battuta, le persone hanno sorriso - dice -. Non voleva essere un'affermazione pesante nei confronti di chi ha sofferto ed è stato trattato senza considerazione per la sua dignità umana. È stata una sciocca battuta, che non aveva alcuno spirito offensivo».
    Imbalzano continua: «Non avrei mai immaginato che una sciocchezza del genere potesse sollevare un "polverone", anche per il contesto nel quale è stata pronunciata». E ripete: «Non volevo offendere la sensibilità degli ebrei, nella mia vita non ho mai manifestato mancanza di sensibilità nei confronti di ebrei e altre minoranze». Scuse tardive. Basteranno a salvargli il posto? «Non ho ancora ricevuto alcuna comunicazione dall'azienda», dice lui. Al momento, nessuna denuncia è giunta allo sportello

    (Il Giorno, 26 maggio 2012)

    RispondiElimina