sabato 17 settembre 2011

I palestinesi non saranno mai cittadini di Palestina

L'ambasciatore dell'OLP in Libano afferma che i "profughi" palestinesi (i figli, nipoti e pronipoti degli arabi che furono convinti dagli stati confinanti a lasciare Israele nel 1948, con la promessa che vi sarebbero rientrare una volta conclusa la guerra che stavano per scatenare) sostiene che non diventeranno MAI cittadini del nuovo stato di Palestina. Anche quelli che attualmente vivono in campi profughi all'interno degli stessi territori palestinesi...



Abdullah Abdullah ha chiarito che la nascita eventuale del nuovo stato di Palestina non muterà affatto la sorte dei circa sei milioni di discendenti di coloro che lasciarono Israele con la promessa che vi sarebbero tornati in tempi brevi per impossessarsi di tutti i beni degli israeliani che avrebbero perso la guerra (così per fortuna non è andata). Essi sono sì palestinesi, ma manterranno lo status di rifugiati, sostanzialmente privi di diritti di ogni sorta. Che siano residenti nei campi in Giordania, in Siria, in Libano, in Egitto; o che si trovino negli stessi territori palestinesi.
A chi non conosce il disprezzo che gli stati arabi confinanti hanno nutrito nei confronti dei palestinesi può sfuggire il motivo di questo diniego. Gli stati arabi insistono nell'assurda pretesa di inserire i discendenti dei palestinesi del 1948 in Israele, contribuendo ad una deflagrazione demografica che ucciderebbe lo stato ebraico; ma si guardano bene dal riconoscere, dopo 63 anni, che ai discendenti sia concessa la possibilità di vivere nel proprio stato. Come d'altro canto la stessa ONU concesse loro nel 1947, con la risoluzione che divideva il mandato britannico in Palestina in due stati sovrani.

Questo purtroppo conferma ancora una volta a cosa servono i profughi palestinesi, da decenni ammassati in luridi campi ai confini con Israele: sono carne da cannone, armi umane nelle mani di chi non si è ancora stancato di combattere una sporca guerra. Se divenissero cittadini, non potrebbero più essere utilizzati come strumento di pressione e di ostilità nei confronti dello stato israeliano.
Il conflitto israelo-palestinese non terminerà con il probabile voto all'assemblea generale alle Nazioni Unite. Anzi, probabilmente conoscerà una nuova intensificazione.

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