domenica 11 settembre 2011

La primavera araba è ormai solo un ricordo in Egitto



Fine della cosiddetta "primavera araba" in Egitto: il regime militare provvisorio (????), che dovrebbe guidare il paese ad elezioni generali nel prossimo autunno, dalle quali usciranno quasi sicuramente vincenti i Fratelli Musulmani, di fronte ai disordini di piazza che hanno costretto l'evacuazione dell'ambasciata israeliana, starebbe considerando il ripristino delle leggi di emergenza di Mubarak, che hanno consentito un ordine apparente quanto antidemocratico per più di trent'anni. Le stesse leggi che hanno provocato la sollevazione popolari.
L'assalto all'ambasciata israeliana è stato letto come reazione isterisca della popolazione proprio di fronte alla paralisi decisionale: dopo le manifestazioni di piazza Tahrir nulla è cambiato, salvo la promessa di elezioni che però tardano ad arrivare, ma che al tempo stesso promettono di incoronare un regime ancora più dispotico e illiberale di quello precedente. Secondo altri, le manifestazioni di venerdì di fronte (e dentro) all'ambasciata israeliana sono la risposta irata alla morte di cinque guardie egiziane nel Sinai al confine con Israele, in seguito all'attentato di Eilat in cui hanno perso la vita otto israeliani. Peraltro, le cause della morte delle guardie egiziane è tutta da accertare: non si esclude che esse siano state colpite in modo accidentale, con il commando palestinese che si sarebbe "nascosto" fra le guardie, in modo da facilitarne l'uccisione con la inevitabile reazione dell'esercito israeliano. Gerusalemme ha cautamente sottolineato come una efficiente preservazione dei confini avrebbe impedito ai terroristi palestinesi di penetrare il Sinai da nord-ovest a sud-est, scatenando l'assalto al bus israeliano che si recava presso la località di villeggiatura sul Mar Rosso.

Il ripristino delle "leggi di emergenza" di Mubarak, che consentivano la detenzione senza processo dei dissidenti, rappresentano una svolta autoritaria da parte del governo militare, che sembra deciso a non tollerare più disordini che possano "minacciare la sicurezza interna e la posizione internazionale", a detta di un ministro del governo provvisorio. Gli scontri con l'esercito hanno provocato tre morti e più di mille feriti, con una ventina di arrestati che saranno ascoltati direttamente da un tribunale militare, e non da una corte civile. Ma non manca chi fa notare la leggerezza con cui le forze dell'ordine hanno affrontato il tentativo di penetrazione all'interno dell'ambasciata, addirittura favorendo le incursioni. Molte sedi diplomatiche hanno sottolineato la grave violazione del diritto internazionale, e la concreta minaccia che simili episodi si possano ripetere, evidenziando la perdita di credibilità del governo provvisorio. Pochi hanno evidenziato come anche la vicina ambasciata saudita sia stata oggetto di attenzioni della piazza.

In un discorso alla nazione, Netanyahu ha ringraziato le forze speciali egiziane che con il concorso degli Stati Uniti hanno consentito di porre al sicuro lo staff diplomatico e le guardie di sicurezza. Il primo ministro di Gerusalemme ha tentato più volte, invano, di mettersi in contatto con il governo provvisorio egiziano, e ha confermato che Israele compirà tutti gli sforzi per mantenere gli accordi di pace con l'Egitto, per ripristinare ordinate relazioni con la Turchia e per perseguire la pace con i palestinesi, invitandoli a riconsiderare azioni unilaterali.
Ferma condanna dell'episodio è giunta dall'Europa, mentre il ministro degli esteri del Bahrain ha sottolineato come l'assalto all'ambasciata israeliana al Cairo rappresenti una violazione della Convenzione di Vienna del 1961.

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