mercoledì 6 aprile 2011
Il silenzio su Gaza
Non un giornale, fra Repubblica, l'Unità, il Manifesto, il Sole 24 Ore, commentano l'editoriale di venerdì a firma del giudice sudafricano Goldstone, che ritratta completamente il rapporto ONU da egli pubblicato due anni fa, in cui si accusavano Hamas a Gaza e Israele di crimini di guerra contro l'umanità. Israele e il suo esercito venivano posti vergognosamente sullo stesso piano. Le accuse contro Gerusalemme erano infondate; ma ciò non impedì l'avvio di un'inchiesta in seno all'esercito israeliano, che ha negato alcuna responsabilità da parte dell'IDF. Non altrettanto ha fatto Hamas a Gaza.
Dopo due anni, Goldstone ammette di aver sbagliato: "se avessi saputo allora quello che so oggi, non avrei scritto quel rapporto". E' successo quello che si sapeva: Israele non poteva sapere, durante la guerra di due anni fa, che Hamas usava i civili come scudi umani. Donne e bambini erano trascinati con forza sui tetti delle palazzine da cui gli sgherri di Hamas lanciavano missili e granate contro Israele.
L'ONU prese per buono quel documento, e scatenò un'offensiva mediatica che ha gettato il discredito contro Israele. A distanza di due anni, e dopo una pesante campagna diffamatoria, basta forse un articolo pubblicato su un quotidiano americano a ristabilire la verità? no di certo. Ci si aspetterebbe che ogni quotidiano, ogni telegiornale, ogni mezzo di informazione riparasse al torto inferto.
E invece nella memoria di tutti resteranno impresse le vergognose parole di accusa infondata. Le parole che allora la Repubblica, l'Unità, il Manifesto, il Sole 24 Ore seppero trovare copiose e a buon mercato.
Ieri Giulio Meotti ha rinfacciato a questi cialtroni in mala fede la loro pochezza morale. Così rapidi furono due anni fa questi giornalacci a puntare il dito accusatorio contro Israele; così meschini sono oggi a tacere. D'altro canto, ammettere che quanto scritto allora era palesemente falso sarebbe doloroso anche per questi "professionisti dell'antisionismo", che spesso e volentieri scivola nell'antisemitismo puro.
Roma. Richard Goldstone aveva accusato Israele di “crimini di guerra”, ponendo il proprio nome come sigillo nel controverso rapporto che alle Nazioni Unite ha messo Israele e Hamas sullo stesso piano di responsabilità per la guerra di Gaza. Ora Goldstone abiura quello stesso rapporto e in un’autocritica clamorosa pubblicata dal Washington Post il giudice sudafricano scrive: “Se avessi saputo allora quello che so adesso, il rapporto sarebbe stato un documento diverso”. Goldstone afferma che mentre i crimini di Hamas erano intenzionali (“Va da sé che i suoi razzi erano consapevolmente e indiscriminatamente indirizzati contro obiettivi civili”), nessuna prova dimostra che da parte israeliana vi fosse intenzionalità nel colpire i civili. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto di “buttare quel documento nel cestino della storia”. E parlando al Foglio, il vicepremier Moshe Yaalon aggiunge: “Ci attendiamo il ritiro completo di questo rapporto, risultato di un agguato politico contro Israele e contro qualsiasi paese che si trova ad affrontare il terrorismo. Costruisce una narrativa che ignora gli attacchi contro i civili israeliani da parte di Hamas, e le realtà della guerriglia urbana come l’uso di civili palestinesi da parte di Hamas. Il rapporto è l’ennesimo ‘blood libel’”. Decade quindi, per ammissione del suo stesso autore, uno dei più poderosi strumenti della delegittimazione antisraeliana dell’ultimo decennio. In nome di questo rapporto, all’ex ministro degli Esteri israeliano, Tzipi Livni, venne sconsigliato di recarsi a una convention a Londra per il rischio di essere arrestata. Ma il caso Goldstone getta anche luce sulla deformazione ideologica di cui è stata protagonista la stampa italiana nel commentare Gaza. Per la rivista Micromega, il rapporto Goldstone è stato niente meno che l’occasione per mettere in discussione l’esistenza stessa d’Israele. Lo storico azionista Angelo D’Orsi aveva scritto infatti dell’“ingiustizia perpetrata dal mondo che ha consentito agli ebrei di costituire uno stato ‘etnicamente puro’ in Palestina, scacciando coloro che lì erano nati, figli di nativi. Lo scandalo, a ben vedere, è, se vogliamo essere franchi, la stessa esistenza di quello stato. Ormai forse è troppo tardi per tornare indietro”. Anche Liberazione aveva sposato il rapporto Goldstone con un editoriale molto eloquente: “Ora basta, boicottiamo Israele”. Vi si leggeva: “Abbiamo visto quale fine abbia fatto il rapporto Goldstone sui crimini di guerra a Gaza: ignorato. E’ per questa ragione che invitiamo tutti e tutte a sostenere e praticare la campagna internazionale di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nei confronti di Israele”. Sul quotidiano il Manifesto, del rapporto Goldstone si è detto che si trattava di un testo “di eccezionale importanza”. Il paragone veniva facile: “Gaza come l’Afghanistan sotto i bombardamenti aerei statunitensi, tanto per intenderci”. Il Manifesto ha parlato di “un milione e mezzo di residenti della Striscia trattati come animali, se non peggio” e i dispacci di Vittorio Arrigoni hanno propalato “un cataclisma di odio e cinismo piombato sulla popolazione di Gaza come piombo fuso. Le fabbriche degli angeli in produzione a ciclo continuo”. Anche in televisione imperversò l’umanitarismo ideologico. Per esempio Michele Santoro ad “Anno Zero”: “Non accetto che questi bambini muoiano e i potenti della terra non fanno niente per fermare questo massacro”. Gli editorialisti di Repubblica furono generosi nel paragonare Gaza all’inferno, visto che non si trovava un termine più emblematico. “Gaza, all’inferno senza ritorno”, scriveva Gad Lerner, mentre Bernardo Valli faceva eco sull’“inferno di Gaza”. Sempre su Repubblica Alberto Stabile raccontò di una Gaza dove c’erano solo “poveracci”. Il Corriere della sera ha riferito del rapporto Goldstone, e del voto positivo che ricevette dalle Nazioni Unite, con parole dal sapore sarcastico: “Venticinque palline bianche impallinano Israele al Consiglio per i diritti umani dell’Onu. Criminale di guerra. E contro l’umanità”. Numerosi i servizi anche dell’Unità: “A Gaza compiuti crimini di guerra, l’Onu accusa, Israele si indigna”. L’Unità ha dato voce anche al boicottaggio antisraeliano di Desmond Tutu. Anche l’Espresso ha dedicato una serie di geremiadi a Gaza e Goldstone. Sergio Di Rosa sul sito del settimanale ha attaccato “lo stato sionista” che vuole “ottenere ‘l’addomesticamento’ e l’obbedienza dei legittimi proprietari della Terra di Palestina”. Mentre sul Sole 24 Ore il commento più imbarazzante, a parte i report di Ugo Tramballi, è stato di Sergio Luzzatto: “Non è morale un esercito che combatte la guerra più asimmetrica della storia […] contro un milione e mezzo di civili (e qualche migliaio di terroristi) rinchiusi a forza in 360 chilometri quadrati. Non è morale un esercito che maramaldeggia da decenni sopra un avversario privo di un singolo aereo o di un singolo tank. Non è morale un esercito che saluta come brillanti vittorie operazioni militari dove si uccide a cento contro uno. Soprattutto, non è morale un esercito che accetta a cuor leggero di annientare i bambini e gli adolescenti”. E oggi che diranno, costoro, dopo l’abiura di Mr. Goldstone?
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