domenica 9 ottobre 2011

A che punto che la richiesta di memberhip dell'ANP



La proposta del "Quartetto" (Stati Uniti, Unione Europea, ONU e Russia) affinché Israele e palestinesi tornino al tavolo dei negoziati non conosce passi in avanti, mentre proprio oggi delegati dei quattro stati si incontreranno a Bruxelles per discutere l'avanzamento della proposta, avanzata alle Nazioni Unite lo scorso 23 settembre. Secondo la pianificazione suggerita, israeliani e palestinesi si dovrebbero incontrare entro un mese, per discutere una soluzione definitiva, da raggiungersi entro la fine del 2012.
Purtroppo, ancora una volta sembra una pia illusione: Gerusalemme si è subito dichiarata ben disponibile a riprendere i colloqui di pace, mentre la dirigenza di Ramallah ancora una volta ha accampati pretesti, chiedendo prima di sedersi al tavolo dei negoziati che il futuro costituendo stato di Palestina gode dei confini armistiziali del 1949, e che gli israeliani cessino l'attività edili nei territori contesi. Un modo poco costruttivo per discutere, invero.

Nel frattempo la richiesta di membership avanzata dai palestinesi - con la rumorosa dissociazione di Hamas, che governa la Striscia di Gaza (parte del futuro stato palestinese) - giace al Consiglio di Sicurezza dell'ONU (UNSC). Secondo le attuali regole, occorre una formale raccomandazione dell'UNSC affinché la proposta di associazione venga riconosciuta accettabile: a quel punto la raccomandazione è trasmessa all'assemblea generale (UNGA), che delibera a maggioranza di due terzi. A fronte di 193 stati membri, sarebbe prescritto il sì di 129 stati affinché la Palestina diventi realtà. Abu Mazen sostiene che l'istanza potrebbe contare sull'appoggio di 131 stati; ma prima occorre che l'UNSC si pronunci favorevolmente.

La raccomandazione è emessa a maggioranza qualificata: occorre il voto favorevole di 9 membri su 15. Ramallah si dice convinta di potercela fare, ma dietro le quinte c'è fermento. Al momento la situazione si può così riassumere:

Favorevoli: Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica, Libano
Contrari: Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Germania, Portogallo
Incerti: Bosnia Colombia, Nigeria, Gabon, Colombia

Ci sono pochi dubbi circa l'appoggio alla proposta di adesione da parte del BRICS e del Libano. Analogamente, USA e paesi europei dovrebbero votare contro, avendo sollecitato le parti in causa ad evitare soluzioni unilaterali, in ossequio agli Accordi di Oslo che tra l'altro hanno dato vita all'Autorità Nazionale Palestinese - embrione del futuro stato - generosamente finanziata dall'Occidente. Il Portogallo avrebbe certamente votato a favore con il precedente governo, ma l'attuale esecutivo sembra orientato verso il no.
Analogamente, potrebbe votare "no" la Bosnia, in procinto di entrare nella UE, e dovrebbe votare negativamente la Colombia, in ottimi rapporti con Gerusalemme: il presidente Santos auspica la nascita di uno stato palestinese, ma non come iniziativa unilaterale. Il ministro degli Esteri della Nigeria si è incontrato con il suo omologo alle Nazioni Unite lo scorso mese, e ha dichiarato che voterà contro. In definitiva, non è affatto scontato che la richiesta palestinese possa godere di avallo.
Se si conseguisse la maggioranza di 9 membri su 15, gli USA dovrebbe esercitare il diritto di veto, rigettando una richiesta che molto probabilmente soffocherebbe il progetto di pace nella culla. In questo caso, ovvero qualora la maggioranza non fosse conseguita, l'ANP potrebbe ripiegare verso un pronunciamento dell'UNGA, ma in mancanza di formale raccomandazione da parte del Consiglio di Sicurezza il consesso generale potrebbe soltanto produrre un upgrade dello status della "Palestina" da osservatore a stato non membro. Una soluzione non congeniale agli obiettivi di Abu Mazen. Che per questo preme sugli stati incerti, evitando ancora di pervenire ad una soluzione negoziale, pacifica e concordata.

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