sabato 29 dicembre 2012

Due stati per due popoli? non funzionerà mai

di Barry Shaw*

  • «Non c'è posto per gli ebrei fra di noi, e non avete un futuro fra le nazioni del mondo. Siete destinati alla cancellazione» (Mahmoud Zahar).
  • «Morte ad Israele» (slogan ricorrente nelle dimostrazioni antisioniste).
  • «Non riconoscerò mai uno stato ebraico, ne' oggi ne' fra mille anni!» (Mahmoud Abbas).
  • «Dal fiume (Giordano, NdT) al mare, da nord a sud, questa è la nostra terra, la nostra patria. Non rinunceremo nemmeno ad un pollice di essa. Israele è illegittimo e lo sarà per sempre. E' roba nostra, e non dei sionisti» (Khaled Mashaal).
  • «Oggi Gaza. Domani Ramallah. Dopo ci prenderemo Gerusalemme, e poi Haifa e Jaffa» (Ismail Haniyeh).

C'è da spiegare qualcosa? Per decenni siamo stati bombardati da presunti esperti, che ci volevano spiegare perché il paradigma dei due stati (per due popoli: arabo e israeliano, NdT) era l'unica soluzione plausibile per un'intesa con i palestinesi, e affinché sopravvivesse uno stato ebraico. Avendo impiegato tutto questo tempo nello studiare e analizzare i percorsi postulati da questa road map, e dopo aver analizzato le personalità e le intenzioni degli avversari degli israeliani, sono giunto alla conclusione, definitiva e irrevocabile, che ciò non avverrà mai. E se mai arrivassimo a questo, sarebbe una tragedia per Israele: sarebbe la condanna a morte per lo stato ebraico.
Sarebbe una condanna a morte perché sarebbe l'ultimo atto, in cui Israele sarebbe ridotto ad uno scheletro di uno stato strategicamente indebolito, impossibilitato a difendersi o a proteggeri dagli attacchi di un gruppo minaccioso di stati islamici radicali. Uno stato palestinese non agirebbe affatto da cuscinetto nei confronti di questa ostilità; piuttosto, sarebbe l'avanguardia di un consistente attacco generalizzato.
Quando discuto questa questione con i politici israeliani, con gli esperti, con i diplomatici europei e con i giornalisti, i quali coltivano l'utopia di una soluzione di due stati sulla base dei confini del 1967 (di fatto: le linee armistiziali del 1949, che le parti belligeranti chiarirono fossero assolutamente non definitive, NdT), con una parte di Gerusalemme consegnata ai palestinesi come capitale del loro stato; pongo loro una domanda, molto importante, che mi angoscia: mi angoscia perché non ricevo mai risposta che plachi le mie ansie e i miei timori.

In effetti la mancanza di una risposta convincente, l'incomprensione delle premesse alla domanda, non fanno che amplificare i miei timori e le mie preoccupazioni. Nessuno, fra questi sedicenti esperti, è in grado di ponderare bene la domanda. E molti considerano la questione irrilevante. Alcuni ci provano, ma alla fine scelgono di collocare la questione negli angoli reconditi della loro mente. E' una domanda troppo impegnativa per affrontarla con la dovuta analiticità.
Contesto il principio secondo cui la soluzione dei due stati sia nell'interesse vitale di Israele.
Lo contesto perché i fautori di questa soluzione non hanno architettato un contesto strutturalmente robusto, basato sulla realtà, affinché esso possa avere successo. Al contrario, hanno costruito un castello di carte che collasserebbe al primo sbuffo. Ecco perché insisto nel porre adesso il mio interrogativo: prima che Israele sia spinto in una posizione indifendibile.
Ecco lo scenario che conduce alla mia domanda: uno scenario che è il sogno dei fautori dei due stati.

Israele concorda nel cedere territorio per la creazione di uno stato palestinese che si estende sulle linee del 1967. I palestinesi accettano alcuni compromessi territoriali. Ricevono porzioni della parte orientale di Gerusalemme, dove insediano i palazzi dell'amministrazione che rappresentano il nucleo della futura capitale. Diverse aggregazioni di comuni ebraici in Giudea e Samaria restano parte integrante dello stato sovrano di Israele. Il mondo intero festeggia l'accordo sottoscritto in pompa magna alla Casa Bianca.
Dopodiché, i palestinesi finalmente tengono le elezioni, dovute da tempo, e Hamas vince a man bassa, conquistando più del 70% delle preferenze. Che succede? Hamas amministra la nuova entità e conferma i principi sanciti nel suo statuto, che prevede di liberare «tutta la Palestina", se nel caso con la lotta armata. E celebra la sua affermazione colpendo Tel Aviv con i suoi razzi, con tutto Israele adesso a portata di tiro. Ora controlla le strade di Gerusalemme e dichiara che il suo vessillo sventolerà su tutti i luoghi sacri di Palestina. Da Tulkarem un missile impiega soli 15 secondi per raggiungere Kfar Yona, che dista meno di due chilometri. Netanya, che si affaccia sul Mediterraneo centrale di Israele, è raggiungibile in 30 secondi da un razzo. Kfar Saba allo stesso modo può essere colpita in 15 secondi da un razzo lanciato da Kalkilya. Hamas controllerebbe le colline che si affacciano sull'unico aeroporto internazionale di Israele.
La mia domanda dunque è: quando la Palestina scatenerà il terrorismo contro Israele dai confini del 1967 (quelli precedenti la Guerra dei Sei Giorni, vinta da Israele, NdT), sostenuta dagli eserciti di Libano, Siria, Giordania (il cui re nel frattempo sarà stato deposto dalla Fratellanza Musulmana) ed Egitto; chi si assumerà la responsabilità per l'accaduto? per i fautori dei "due stati", questa è la domanda che non si deve porre, per il timore che tutta la costruzione possa collassare, trascinando essi stessi. La risposta è che nessuno lo può escludere.
Qualcuno forse ha biasimato la decisione unilaterale di Israele di ritirarsi nel 2005 dalla Striscia di Gaza, forzando la deportazione di migliaia di israeliani dalle loro case e dalle loro vite, in cambio dell'instaurazione di uno stato di Hamastan, impegnato nell'annichilimento di Israele? no: al contrario, la gente ha biasimato Israele per essersi difeso dai continui attacchi nei confronti dello stato ebraico, rovesciando la logica. E' solo nostra la responsabilità di essere oggetto di attacco da parte del terrorismo palestinese e della diplomazia internazionale. Ma a quanto pare, non ne abbiamo ancora abbastanza.
Con questo atteggiamento mentale sarà scontato attendersi il biasimo di Israele per rispondere all'aggressione che proverrà da oltre confine. Un Israele accartocciato non susciterà alcuna compassione quando i missili saranno scagliati dal neonato stato di Palestina. Sarà accusato di non aver acconsentito al ritorno dei discendenti dei profughi arabi del 1948, anche se le case dei loro nonni e bisnonni non esistono più da tempo, e sebbene fosse più logico per loro trovare dimora nel nuovo stato palestinese. A prescindere da tutto, il rifiuto di Israele di concedere loro cittadinanza, in ossequio peraltro a quanto stabilito negli accorsi sottoscritti solennemente, sarebbe il pretesto per la condanna futura da parte della comunità internazionale.
Ci sarà sempre una "questione palestinese" fino a quando esisterà uno stato di Israele, e sarà sempre colpa di Israele. Sarà sempre lo stato ebraico ad essere raffigurato come il colpevole, a causa della sua intransigenza.
Ma torniamo alla famosa domanda, che pongo a tutti coloro i quali credono nella soluzione dei due stati come unica possibile: e poi? cosa succederà quando essi avranno convinto Israele a consentire la nascita di una entità palestinese sui confini del 1967? un'entità di cui si impossesserebbe - con la forza o anche "democraticamente" (anche Hitler e oggi Ahmadinejad hanno conquistato il potere dopo "regolari" elezioni, NdT) da una organizzazione islamica integralista votata alla distruzione di Israele, e situata ad appena 8 miglia dal Mediterraneo israeliano. E per favore non mi dite che un accordo non diventerà definitivo fino a quando saranno istituite condizioni di sicurezza accettabili. Non cercate di convincermi che lo stato palestinese sarà smilitarizzato. Non mi vagheggiate di una comunità internazionale che farà da garante nei confronti di Israele (il sud del Libano è in mano ad Hezbollah, malgrado la presenza fisica dei Caschi Blu, e Nasser liquidò senza complimenti le forze di interposizione internazionale nel Sinai prima di scatenera l'offensiva che avrebbe portato alla Guerra dei Sei Giorni, NdT).
Non mi dite che saranno inasprite le sanzioni nei confronti di uno stato palestinese minaccioso nei confronti di Israele, o la cui popolazione sarà incitata ad atti di violenza nei confronti degli abitanti dello stato ebraico. Conosciamo tutti peraltro il valore di questo presunto impegno internazionale nei confronti della sicurezza di Israele.
Il fatto che nessuno riesca a fornire una risposta confortante è la prova di una dissociazione dalla realtà fattuale, il che rende questa soluzione morta in partenza. I fautori dei due stati vivono nel mondo di sogni, e non si curano delle conseguenze dei loro deliri. A tutti costoro, è rinnovato l'invito a fornirmi una risposta soddisfacente, che possa convincermi che la soluzione dei due stati è la migliore possibile. Fino ad allora, non vi aspettate che io, o Israele, possiamo concordare con questa idea che di fatto sarebbe la condanna a morte per lo stato ebraico.

* Fonte: The Jerusalem Post.

2 commenti:

  1. In un mondo perfetto dovrebbe essere Israele nella NATO e non la Turchia.
    La stessa NATO dovrebbe proteggere l'unica democrazia della regione a tutti i costi.
    Ma questo non è un mondo perfetto ed il presidente USA si chiama Barack Hussein.

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  2. Finalmente qualcuno che non ha, come si dice in Francese, "la tête dans le cul", scusate la volgarità, o come si dice in Inglese, "Excuse my French", e pubblica qualcosa che non sia la solita pagina di slogan pacifinti triti e ritriti.
    I miei complimenti "borghesino".
    Attento però all'ultima vignetta, che va benissimo, in quanto la sostanza è vera, ma io ricordo benissimo diversi leaders palestinISTI prima di Arafat, fra cui, per esempio, Ahmed Shukeyri, che fu il PRIMO capo dell'OLP dal 1964 al 1967...
    Quanto ai "palestinesi", che io chiamo palestinISTI, sono un popolo inventato, un popolo che, a detta non di un israeliano di destra, ma addirittura di un responsabile militare OLP nel 1977, non esiste ma che è stato creato all'uopo in funzione anti-Israele.
    Infatti, basta dare un'occhiata qui e ci trovi la dichiarazione http://www.focusonisrael.org/2009/06/20/zahir-muhsein-olp-1977/

    Ovviamente, chi vuole la distruzione a stadi d'Israele, nonché un sacco di utili idioti, vuole dare uno stato a degli immigrati clandestini provenienti da Siria, Hedjaz (Arabia Saudita), Sudan, Egitto, Bosnia, Afghanistan e Transgiordania e ai loro discendenti, tutta gente che non ha nessun legame storico con la Terra d'Israele, e nella quale non ci stava - come riportano tantissimi diari di viaggio lungo i secoli, che parlavano di terra praticamente deserta con pochissime eccezioni. Mi riferisco, per esempio a "The Innocents Abroad" di Mark Twain, scritto intorno al 1860. Quella gente è arrivata DOPO vedi per esempio http://www.eretzyisroel.org/~peters/ e A CAUSA del ritorno in massa degli Ebrei, che inizió intorno al 1870, sebbene ci sia sempre stata una presenza ebraica in TUTTA la Terra d'Israele, soprattutto a Gerusalemme, dove addirittura l'antisemita Karl Marx, che nel 1854 era corrispondente di un giornale di Boston, diceva che noi Ebrei eravano la maggioranza assoluta.
    Ovviamente, il tutto alla Chiesa, ai fascisti, ai comunisti e ai musulmani non piace proprio...
    Il paradosso è che chiamano "coloni" proprio SOLO GLI EBREI, cioè coloro che del posto sono i soli autoctoni.

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